domenica 1 maggio 2016

Le vacanze di un bambino a Polizzi Generosa

Largo S. Crispino la casa dove nacque il mio papà
Non c'erano i treni Alta Velocità, non c'erano i voli low cost, le Maldive erano un puntino sull'Atlante geografico, non esisteva internet, la banda larga, la connessione superveloce, non si chattava, non c'era Facebook....

C'era però una piccola casa in un magnifico borgo delle Madonie, Polizzi Generosa, dove sapevamo che c'erano delle persone care, le quali, ogni estate, aspettavano l'arrivo dei parenti romani.

E così quando si avvicinava l'estate, pur non potendo condividere tutto con l'estrema facilità di oggi, l'attesa dell'incontro, aumentava di giorno in giorno.

Noi qui a preparare la partenza e loro lì a preparare il nostro arrivo.

Io e mio Papà ci sentivamo i responsabili della "gestione tecnica" del viaggio. In me c'erano già i presupposti per quello che poi sarebbe diventato la mia professione. Si doveva andare alla Stazione due mesi prima della data prevista per la partenza, sperando di riuscire a poter prenotare il contingente dei posti a sedere messi a disposizione.

Questo poteva anche comportare il dover tornare più volte in biglietteria finché, io e Papà, potevamo tornare trionfanti a casa con le "prenotazioni dei posti"

Il viaggio in treno aveva qualcosa di "epico" perché quei treni erano pieni, in estate, di persone che avevano lasciato i loro paesi, le loro terre per andare a cercar fortuna in altro luogo ma non potevano mancare all'appuntamento estivo nel tornare nei luoghi natii. Viaggi che spesso comportavano lunghi spostamenti, soprattutto dalla Germania, dal Nord Italia (in particolare Torino) e anche dispendi economici.


Erano gli anni delle "valigie di cartone", degli assalti per prendere i posti a sedere, dei treni superaffollati, a dispetto di qualsiasi norma di sicurezza.


Nei giorni immediatamente a ridosso della partenza, entrava in gioco mia madre che preparava quello che un giorno si sarebbe chiamato "kit da viaggio". Allora questo Kit era composto di panini fatti in casa, acqua, copertine per la notte, asciugamani e saponette per il risveglio e soprattutto il thermos per poterci prendere, durante il lungo viaggio, un buon caffè fatto in casa.

Affacciato al finestrino del treno (allora non esisteva l'aria condizionata), ero affascinato da tutto il movimento di persone che transitavano sul marciapiedi. Ad un certo punto si sentiva il rumore delle porte dei vagoni che cominciavano a chiudersi, il semaforo dava il verde, il Capostazione fischiava e il treno pian piano cominciava il suo viaggio.....e c'era sempre l'ultimo ritardatario che correva appresso al treno e, pur rischiando, riusciva a salire lo stesso.


Per raccontare tutti i ricordi legati al viaggio in treno, ci sarebbe da scrivere un intero volume per poter descrivere le mille storie vissute a bordo di questi treni, le notti passate spesso a chiacchierare nei corridoi, l'alternarsi di persone che salivano e scendevano, l'arrivo a Villa S.Giovanni con tutte le operazioni (questo dopo 50 anni è rimasto uguale!!!!) per "traghettare" verso la sponda sicula, gli arancini alle 5 di mattina.


Il momento più intenso dal punto di vista emozionale era quando si saliva sul ponte esterno: per me bambino era la bellezza della "piccola crociera" (preludio delle grandi traversate che ho fatto poi da adulto) ma per mio Padre e per tutti coloro che stavano tornando nella loro terra era qualcosa di "magico" di "spirituale". Li vedevi guardare estasiati la loro Terra che si stava riavvicinando, erano completamente immersi nei loro pensieri. Su molti visi, compreso quello di Papà, ho visto scorrere le lacrime.

Dopo le fatiche della notte, arrivava il momento più "turistico" di questo lungo viaggio in treno. Da Messina a Palermo il treno costeggiava tutta la Costa Nord della Sicilia e quindi era un tripudio di immagini, di scorci marini, una carrellata di sensazioni ed emozioni. Milazzo, Capo d'Orlando, Patti, Santo Stefano di Camastra, Cefalù, Altavilla Milicia: pescatori che tornavano da notti in mare, contadini che iniziavano la giornata nei campi, i primi bagnanti in spiaggia, navi che si vedevano all'orizzonte, le persone che dalle terrazze delle case ti salutavano.

Quando si entrava nella galleria che precede l'arrivo a Cefalù, mia madre cominciava già a metterci in moto per prepararci alla discesa, ed io non volevo staccarmi dal finestrino....mancava ancora un'ora all'arrivo, ma queste erano le mamme di allora!

Arrivati a Termini Imerese oppure a Palermo, dipendeva da chi ci avrebbe condotto a Polizzi Generosa, dopo i primi intensi abbracci e i primi pianti, iniziava la parte più impegnativa e anche quella più trepidante.

Finché non venne inaugurata l'attuale Autostrada, ci attendeva un viaggio in macchina di circa tre ore, inerpicandoci sulle strade statali e provinciali che portavano verso Polizzi (a distanza di anni questo scenario si è ripetuto perché crollano i ponti!).

Curva dopo curva, ci si avvicinava alla meta e, attraversando le campagne sottostanti il paese, di solito era abitudine suonare il clacson, quasi ad annunciare l'arrivo di altri ospiti di riguardo in un posto che per questo ha avuto l'appello di Generosa, accolti dai saluti di persone che ci riconoscevano.

Ed eccolo apparire lassù: quell'immagine che ogni volta che torni è sempre la stessa, eppure è come se ogni volta fosse la prima volta.
L'entrata nel paese era un tripudio di saluti e quando dalla Piazza del Belvedere, detta "Piano" imboccavamo il corso per gli ultimi metri che ci separavano dalla nostra casa , era come il maratoneta che entra nello Stadio per percorrere gli ultimi metri della sua lunga maratona.

Ad attenderci non c'era il pubblico dello Stadio, non c'erano le medaglie d'oro.

Il premio di quel viaggio erano i parenti, gli amici, i vicini che si erano radunati vicino a quella casa per aspettare i "romani".
Lascio immaginare a voi cosa fosse il momento in cui si scendeva dalla macchina e tutta la stanchezza del viaggio si dissolveva nel calore degli abbracci, nell'emozione delle lacrime.
C'era quasi una sorta di "tragedia greca" in tutto questo, era quasi una sorta di felice caos in cui non capivi più chi stavi salutando se il parente, l'amico, il vicino di casa.

Quella casa era veramente una piccola casa per ospitare non solo i miei parenti, nonni, zii e zie che già ci abitavano, e ancora oggi sono qui a chiedermi come fosse poi riuscita ad ospitare anche noi che non eravamo certo una famiglia di poche persone, ad ospitare anche altri amici e amiche.

Non aveva i confort che oggi andiamo cercando per rendere "unica" la vacanza, eppure in quella piccola casa c'entravamo tutti e stavamo bene tutti.

Non ci si lamentava se l'acqua era troppo fredda o troppo bollente, se il materasso era adatto per la postura, se l'armadio non fosse capiente, se si stava stretti a tavola, c'era chi si appoggiava sugli scalini, chi si attrezzava di fuori, non ci disturbavano i vicini che passavano, anzi entravano pure loro nel caos.

Non dovevamo fare le recensioni su Trip Advisor!!!!

Altro momento che non dimenticherò mai era la "prima passeggiata" nel Corso principale. Chiunque abbia vissuto i ritmi di un paese sa benissimo che c'è tutto un rituale che generalmente inizia intorno alle ore 18 per una prima pausa alle ore 20, per poi riprendere alle 21.30, fino a notte inoltrata.

Dopo aver smaltito la "prima sbornia" di emozioni con le persone più vicine ci si doveva preparare alla "discesa in campo" in un contesto che quando ci andavo io era un posto che d'estate si riempiva di gente proveniente da ogni luogo e quindi potete pensare cosa diventasse quel corso, man mano che si andava riempiendo di persone a passeggio.
Il Corso

La "piccola casa" aveva il vantaggio di essere posizionata nel centro del paese, a 5 metri di piccola discesa sul Corso principale e quindi avevamo anche una percezione visiva del flusso di persone che cominciava a passeggiare.

Avevi quel momento di "indecisione", se scendere o rimandare, ma mentre eri lì a pensare arrivavano le prime voci; "a romano", "a Roma ce cadono li goccioloni" e allora sapevi che ormai non avevi più scampo. Eri stato intercettato e scendevi.

La prima passeggiata, classico andare dalla Piazza del Belvedere alla Piazza principale, era soltanto la prima di una delle ripetute passeggiate andata e ritorno, quasi una sorta di vasca olimpionica nella quale nuotavi senza sosta.

Iniziavi andando sotto braccio con il primo amico e dopo pochi metri il gruppo si era infoltito di persone, e questo gruppo a sua volta incrociava altri gruppi di persone, e tutti questi gruppi più o meno piccoli andavano riempiendo il Corso, le piazze, le botteghe, i bar.

Chiunque ti incontrava per la prima volta ti abbracciava e ti chiedeva: "quando siete arrivati, quando partirete, sei venuto da solo o con chi?". Non era un interrogatorio di polizia, era solo un atto di cortesia e di rispetto verso l'ospite, non c'erano gli smartphone a distrarci da questi semplici ma intensi gesti di amicizia e di affetto, quell'amicizia e quell'affetto che oggi lega tutti quelli che hanno in qualche modo vissuto a Polizzi, in una sorta di grande "comunità" o community per usare i termini moderni, che ha trovato nelle attuali forme di comunicazione lo strumento per mantenere in vita tutti i bellissimi ricordi legati alla vita di Polizzi Generosa.


Le giornate di vacanza scorrevano tra momenti di festa in casa e in strada, grandi mangiate senza stare a preoccuparsi di colesterolo, di ipertensione, tanto c'era la felicità a fare da contrappeso ai rischi della salute e poi non mangiavamo il biologico di oggi, mangiavamo i veri prodotti della natura, il vero kilometro zero, dal contadino direttamente in tavola.


Si passavano intere giornate nelle campagne sottostanti, accolti dai proprietari che mettevano a disposizione le loro case per ospitare le persone, si mangiava, si ballava, ci si divertiva con le cose genuine, il vero Agriturismo, il preludio a forme di vacanza che oggi sono le "nicchie di mercato": il turismo enogastronomico, lo slow-food ecc.

Fenomeni atmosferici che davano e continuano a dare a Polizzi degli scenari che ho ritrovato a Tenerife, quando guardando dal finestrino del bus che ci portava sul Teide, il vulcano dell'isola, sembrava che la nebbia fosse sotto di noi. Quanti oggi sanno che per questo fenomeno non c'è bisogno di andare così lontano, basterebbe andare a Polizzi Generosa!


Mi ricordo anche che mi piaceva girare da solo alla scoperta dei vicoli, delle piazzette, delle fontane, delle chiese, dei palazzi storici di cui è pieno Polizzi (in uno di questi "Palazzo Notar Nicchi, a ridosso della nostra piccola casa, ebbi modo di entrare grazie ai miei zii che ci lavoravano come camerieri, affascinato dalla mobilia, dagli arredi, Palazzo oggi ristrutturato e pronto ad accogliere ospiti internazionali),

Anticipavo già quello che poi mi sarei ritrovato a fare nelle città d'Europa e nel mondo.

Potevo camminare e perdermi per le vie del paese in totale tranquillità, non c'erano i rischi di essere investiti da un "pirata della strada", non c'erano gli "orchi" di cui sono piene le cronache di oggi e comunque sia, il paese sapeva chi fossi e quindi non mi sarei mai trovato in difficoltà.

Mi divertivo a passare davanti le case e sentire il bisbiglio delle donne,  sedute sugli usci delle case, le quali tra loro si chiedevamo chi fossi per poi sentir dire "u figghiu di Moffo Palazzo" (il figlio di Gandolfo, nome originario di mio padre, tradotto in polizzano e Palazzo era l'appellativo dato alla nostra famiglia).

Ci sarebbero tantissimi altri aneddoti da raccontare: le trasferte per seguire la squadra di calcio quando andava a giocare nei paesi vicini e le risse che, a volte, ne conseguivano; le feste religiose che ancora oggi sono momenti di alta intensità; la Sagra delle Nocciole con la sfilata dei carri lungo il corso e il lancio dei sacchetti con le nocciole, vanto di questo paese, forse non sfruttato come avrebbe dovuto essere; la Festa del Santo Patrono e l'attesa di conoscere quale sarebbe stato l'artista che avrebbe tenuto il concerto nel palco posto nella Piazza del Belvedere.

Ricordi indelebili che ancora oggi a distanza di anni, pur avendo avuto modo di visitare nel mondo tante città, tanti luoghi, restano i ricordi più forti perché in questi ricordi c'è l'infanzia, la famiglia, l'amicizia, il rispetto delle persone, il sano vivere, la semplicità di un gesto.

Con questo mio articolo ho voluto rendere omaggio a Polizzi Generosa, da quella casa uscì quell'uomo che venendo a Roma conobbe una donna fantastica e da quell'unione sono nato io che oggi posso scrivere queste parole.

Ringrazio gli autori della pagina Facebook Polizzi Generosa per aver esaudito il mio desiderio d'inserire nel loro album fotografico anche una foto che ritraesse quella che un giorno fu la nostra casa nel paese, oggi venduta ad altra famiglia.

Ringrazio tutti coloro che si prodigano tutti i giorni per diffondere e far conoscere al mondo le bellezze di Polizzi.

Un tributo particolare ai fotografi e alle fotografe che hanno realizzato alcune delle foto che compaiono su questo articolo.

Quelle che seguono sono solo una selezione di alcuni scatti fatti da me durante il viaggio che ho effettuato a Polizzi nel periodo dal 13 al 17 agosto 2016

http://www.agentediviaggi.net/2016/08/polizzi-generosa-il-fascino-del-tempo.html

































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